Prologo.
Scappava da una vita, lei. O più precisamente da cinque anni. Ma il destino, ammesso che sia così inalterabile come vuol far credere, era stato particolarmente spiritoso con lei. Cinque anni per scappare di lì ed ora scappava lì. Neanche lei sapeva perché, ma sapeva di doverlo fare. A dire il vero non sapeva bene neanche cosa fosse successo in quei cinque anni, sapeva soltanto che doveva correre per non farsi superare da quell'idea, da quel pensiero, da quel tormento. Scese dal traghetto, l'ultimo traghetto, e riprese a correre: un Forrest Gump con tutte le rotelle a posto che sfrecciava a velocità impressionante per quella salita. Stairway to Heaven, pensò lei. Sorrise. Il caos intorno a sé, come al solito in quel postaccio, e puzza di...di...di Umanità. Sapete? Quando il petrolio si mescola alla cattiveria, alle invidie e a tutto il resto. Ecco, quella è puzza di Umanità. E lei la fendeva, lei, Serena, un vestito che pretendeva di sembrare una vestaglia blu a pallini bianchi, una freccia impazzita color notte che tagliava l'aria e ci passava in mezzo, che visione doveva essere per quelli che la vedevano. No, a dire il vero era come se non la vedessero affatto. Un fantasma, ed il vestito che pretendeva di essere una vestaglia ci stava anche bene. Ma più che non vederla gli altri la ignoravano. Non era roba loro, lei. Forse perché sapevano di avere davanti una tremenda semidea della Vendetta o perché la ritenevano così diversa da loro da non meritare attenzione. Decisamente più probabile. Un passo, ancora un altro e un altro ancora finché non lo vide. In cinque anni non era cambiato per niente, ancora così meravigliosamente fuori posto, ancora così stupidamente chiuso in sé stesso. No, quel palazzo non era cambiato per niente. Si fermò qualche istante sotto l'assalto dei ricordi.
Ci sarò sempre, io. Basta fare un fischio ed arrivo. Come Superman. Lui non era bravo a dire certe cose, ma ogni tanto gli veniva bene. Riprese a correre, lei, e con lei il vestito che pretendeva di essere una vestaglia. L'edificio era evidentemente abbandonato da qualche anno. Esattamente da quando un camion ci si ribaltò sopra innescando un violento e spettacolare incendio che distrusse gran parte della struttura. Un morto, ventuno feriti. Entrò. I corridoi erano sempre gli stessi, soltanto più anneriti. Riprese a correre, cercò la via che conosceva meglio. Sbarrata dalle macerie. Decise di imparare allora la seconda strada, attraversò una piccola porticina e salì due rampe di scale strettissime, poi verso sinistra in un corridoio lunghissimo. Una volta in quel posto c'era il cervello della struttura, quello che poi si rivelò essere anche il cervello di un'estesa organizzazione criminale. Ma si scoprì soltanto dopo l'incidente, quando la città venne devastata da una feroce lotta per il potere. Si può dire che fu proprio allora tutto ebbe inizio. Altra rampa di scale minuscola, poi a sinistra una porta. No, uno scheletro di porta. Ci passò dentro, era arrivata. Spalancò la finestra e si sedette: da lassù osservare la gente muoversi nell'aria malsana della città era divertente. Indovinarne la vita, le abitudini, tutto. Doveva essere la prima fila del cinema di Dio, ammesso che gli piaccessero i film senza lieto fine. Poi un rumore assordante, e la parte frontale dell'edificio crollò in avanti, sfondata da quello che per una strana associazione di idee all'inizio le sembrò un Testicolo Divino. Lo sapeva, lei, che dovevano demolire quel palazzo proprio quel giorno. Voleva solo godersi l'ultimo spettacolo dal seggiolino d'onore prima di continuare a scappare. Restò lì, immobile, ad osservare la città e quella tremenda ferita brillante che separava i due lembi di terra. Ferita che, qualche anno prima, avevano provveduto a suturare con un unico punto metallico, oscenamente lungo e diritto. Rimase lì, immobile, finchè tutto intorno a lei non fu raso al suolo ed il tetto stesso della stanza della Finestra fu strappato via. A quel punto si voltò verso quello che una volta era l'interno dell'edificio e vide il mostro. Un incrocio fra un bobcat, un caterpillar ed una ruspa ordinaria. A dire il vero lei non conosceva la differenza fra quei tre macchinari, ma le sembrò tanto grottesco da rendere plausibile una tanto abominevole mescolanza. Ma non si mosse, lei, da quella finestra. Guardò l'operaio, o, meglio, lo trapanò con lo sguardo. Lui in compenso non battè ciglio. In fondo se lei era ancora lì non doveva avere tutte le rotelle a posto, pensava. Esitò. Serena si voltò nuovamente verso il mare, verso il mondo intero, e lo guardò negli occhi senza paura. Vento, un vento tremendo, le scompigliò i capelli e gonfiò quel vestito che pretendeva di sembrare una vestaglia. Aveva un taglio d'occhi spettacolare, Serena. E quegli occhi sottili s'illuminarono per un attimo.
*crack*. Fu un pò come se il cielo avesse aperto il sipario. L'operaio fuggì, consapevole che in quel momento non esistesse un posto sicuro, ma deciso a correre fino allo sfinimento.
*crack*. Assordante.
*crack*. Una mano spettrale discese dal cielo ferito e s'abbatté sulla struttura di metallo fra le acque sradicandola senza alcuno sforzo. Serena capì che non aveva più bisogno di scappare, ora. Si era finalmente ricongiunta al suo corpo. Saltò giù dalla finestra e discese saltellando da maceria a maceria con impressionante agilità, si spolverò il vestito che pretendeva di sembrare una vestaglia e camminò via, con estrema calma. Il mondo intorno era immobile. Lei stessa era immobile, ma con innocente ingenuità non se ne rendeva conto, continuando di fatto a saltellare. Mancava ancora poco più d'un millennio, ma lei non sarebbe mancata per nulla al mondo. Quelle erano solo le prove generali.
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Ok, molto probabilmente di tutta l'entusiasmante e stupenda idea che ho in mente riuscirò a buttar giù solo questo (che poi è una mezza rielaborazione/estensione di un mio vecchio scritto), quindi non fatevi troppe speranze. Anche se ora come ora la voglia e l'ispirazione non mi mancano. Me la devo solo vedere col tempo. Se l'ispirazione e la voglia non svaniscono prima di una settimana potreste addirittura vedere un Capitolo I o anche l'intera opera. Enjoy.