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Autore Topic: La storia di un ragazzo.  (Letto 833 volte)
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phantom
Napoleno furbo
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piů ghost che dark

Umbreon91@hotmail.it
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« il: Gennaio 19, 2008, 00:00:07 »

Se non avete letto Marcus' Story, la comprensione di questa fic potrebbe non risultare troppo facile. Provate ad immaginare un continuo a quella storia.
Potrŕ sembrarvi un po' troppo banale, o forse troppo fantastico. Arrangiatevi.

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Capitolo I: La guerra.
   Di notte successe ancora. Incubi. Tormentavano... sě, insomma, sapete chi! Almeno, si consolava, non c’era nulla di molto grave, aveva saputo di persone che avevano degli incubi perpetui, violenti e irrisolvibili causati da Darkrai. Lui poteva considerarsi fortunato: molti dei ragazzi colpiti avevano la sua etŕ e, credeva per coincidenze, erano molto simili a lui anche fisicamente.
   Odiava pensare agli incubi, come odiava averli, come odiava svegliarsi zuppo di sudore; ormai era sveglio, mancavano pochi minuti all’alba – circa mezz’ora – e non aveva alcun desiderio di riaddormentarsi. Adesso che era su, poteva liberamente accendere il computer con qualche ora d’anticipo. Il suo portatile era parecchio vecchio, risaliva ai tempi d’oro del padre e se ne vedevano anche gli effetti, aveva decine di team di Net Battle, un programma ormai troppo vecchio per avere ancora utenti. Suo padre non solo non aveva mantenuto la promessa di non fare piů team, ma aveva anche ricreato schemi perfetti del battling in tutti i campi. Nonostante tutto ciň, il padre non era mai stato il suo idolo nel gioco, aveva sempre emulato Marcus, il giovane vincitore del Torneo Internazionale. Il suicidio di The Winner dopo le minacce della banda aveva alzato un grosso polverone, ma la faccenda era stata ben presto oscurata dai ben piů gravi avvenimenti successivi.
   Il ragazzo spense il computer dopo aver fatto il solito giro sul forum del padre, ed uscendo dalla sua camera quasi gli sbatté addosso. Francesco era di parecchi centimetri piů grande del figlio, sull’occhio destro aveva una gran cicatrice, e ben visibile nel taschino portava un coltello, quello stesso che gli aveva inferto quella brutta ferita. Se non fosse stato per le nuove ricerche nel campo della medicina, non avrebbe riacquistato la vista, e non avrebbe potuto combattere…
   Tutto era successo molto tempo prima. Il torneo era finito da pochi mesi, Marcus trionfante aveva incassato il proprio assegno, aveva comprato una casa ed aveva provveduto al sostentamento dei propri genitori, ed aveva anche commesso il piů grande errore della sua vita, aveva parlato con parecchi suoi amici scienziati, esperti nei nuovi campi tecnologici che gli permettevano di modificare la realtŕ a proprio piacimento, dei Pokémon ed aveva finanziato gran parte delle loro spese. E questi, semplicemente sostituendo apposte catene genetiche e filamenti di DNA avevano ricreato i Pokémon esattamente come qualcuno potesse immaginarseli nella realtŕ virtuale. Solo che quelli non erano finti, quelli potevano far male davvero, quelli non riuscivano a provare l’affetto che invece era ben evidenziato in quegli stupidi giochi di falsi sentimenti; e tutti erano d’accordo su questi fatti: modificando geneticamente un animale, dopo parecchi anni di esperimenti falliti e avanzamenti scientifici, non gli si poteva dare un’intelligenza maggiore a quella che aveva prima, e l’animale piů intelligente cui erano riusciti ad attaccare geni creati dal nulla era stata un’iguana, e le iguane non si possono ammaestrare. Creati i Pokémon artificialmente, grazie a tecniche del tutto sconosciute dopo misteriose sparizioni di grandi intellettuali in tutto il mondo, si riuscě anche ad insegnar loro le mosse, esattamente come nel gioco. Nessuno era mai riuscito a creare solo un Pokémon: i suoi geni erano stati giudicati impossibili da assemblare.
   Come succede sempre nei romanzi, tutti capirono che questi giochini non potevano durare all’infinito senza ripercuotersi gravemente contro le persone: i Pokémon per istinto di sopravvivenza e per incapacitŕ di sottomissione si ribellarono. Alcuni scapparono, altri furono catturati ed uccisi oppure semplicemente costretti ad eseguire gli ordini dei nuovi padroni. Questi, influenzati dai Pokémon frustrati divennero sempre piů cattivi, e alla fine non si riusciva bene a distinguere chi comandasse. In breve, i piů ricchi riuscirono ad ottenere vere e proprie collezioni, suscitando lotte di classe e piccole ribellioni anche nei quartieri d’ogni cittŕ. Ben presto da rivoltine si passň a vere e proprie guerre civili in ogni paese del mondo. Le piů grandi fratture si potevano riscontrare tra chi possedeva i Pokémon e chi non ne aveva. E tra chi non ne aveva attaccava chi ne aveva almeno uno per tre motivi: era invidioso, o aveva manie di grandezza; voleva proteggere i Pokémon; aveva degli interessi nella guerra civile e quindi gli faceva comodo scatenare altri tumulti. E molti affermavano che quella era solo la punta dell’iceberg, la vera guerra ancora doveva iniziare.
   Francesco guardň di sbieco suo figlio: non aveva neanche un’arma addosso e gli aveva comandato di averne sempre addosso, se in qualsiasi momento si fosse fatto vedere un Pokémon o qualche malintenzionato. Francesco era un difensore dei Pokémon, ma non avrebbe mai potuto dimenticare come uccise quello che gli fece la stessa ferita per pura difesa, sotto il comando di un qualche marchingegno che provocava in ogni istante dolore in lui, ed essendo stato il coltello l’unica cosa che si era trovato sotto mano.
   Insieme scesero le scale, i due poi uscirono dalla casa. Mentre il padre caricava ed armava il suo fucile a pompa, il ragazzo appena quindicenne si ricordň di quel feroce Meganium che gli aveva spezzato il braccio meno di un mese prima, quindi si attardň per prendere una piccola pistola.
  Il padre lo fissň per qualche istante, poi parlň:
   «Sei pronto per la guerra, Kenny?»
« Ultima modifica: Gennaio 19, 2008, 14:05:39 da Umbreon91 » Loggato
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