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Autore Topic: I clandestini e i rom in italia  (Letto 2715 volte)
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GT78
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« il: Giugno 26, 2008, 17:13:29 »

Allora come sapete e giusto accettare le persone di altri paesi pero hanno rotto i clandestini a venire in Italia,o capito che dobbiamo essere tolleranti ma questi arrivano in massa da noi e per non parlare poi dei rom che vengono qui a rompere solo e a causare casino,poi se vengono qui tutta la massima tolleranza ma che si cerchino un lavoro onesto e non che vadino a fare i mafiosi,poi vengono qui illegalmente e si mettono a fare i padroni dell'Italia e si mettono pure ad occupare le case degli italiani!!!!!Poi i rom non e che vivano nelle case comuni vanno a vivere nei loro campi nomadi,poi si mettono a rubare le cose e vanno a rapire la gente o a violentare le donne italiani,come ho gia detto l'Italia fa schifo e non si puo stare tranquilli per colpa dei politici poltroni che pensano solo ha li fatti propri,e poi perche vengo da noi propio in Italia e non in Francia??Forse perche sanno che qui posso fare come vogliono perche qui la sicurezza non c'e e i fondi per la polizia e tutti i corpi di protezione fanno nelle tasce dei nostri cari politici.
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« Risposta #1 il: Giugno 26, 2008, 17:20:48 »

E' vero che dobbiamo essere tolleranti verso le altre popolazioni, però non dobbiamo sottostare a loro. Loro sono gli ospiti non i padroni. In alcune scuole italiane, hanno fatto sì che le donne (in genere musulmane o checazzonesoio) potessero lo stesso portare il burka, nonostante in territorio italiano, dove la religione è un'altra; hanno imposto le loro leggi, e quando noi andiamo nel loro territorio, come le giornaliste, quest'ultime sono obbligate a portare il burka. Questo è solo un esempio... Poi è anche vero che non tutti i clandestini ecc ecc sono delinquenti o che, peròè anche vero chel a maggiorparte di questi lo sono, e ad un certo punto, preferisco rifiutare poco bene piuttosto che accettare tanto male (espresso in parole povere)
A malta ad esempio sono cacciati i clandestini, e infatti le barche clandestine, da lì, manco ci passano, e approdano tutti a lampedusa, dove possono fare quello che cazzo vogliono. E così l'Italia continua ad essere sottomessa, prima dai tedeschi, ora dai clandestini e dai rom e dagli stranieri asd
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« Risposta #2 il: Giugno 26, 2008, 17:43:02 »

l'italia è uno stato laico eh e l'articolo 3 della costituzione dice che accetta qualunque religione senza discriminazione, quindi se vogliono portare il burka perchè devi costringerli a commettere un peccato per loro capitale? per spregio?

edit:aggiungo che per quanto mi sforzi non riesco a leggere i post di gt78 quindi ho risposto solo a quello di raxor, lascio l'onore di ribattere al suo al primo folle che passa
« Ultima modifica: Giugno 26, 2008, 17:46:45 da Keroro Imperator » Loggato

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« Risposta #3 il: Giugno 26, 2008, 17:44:01 »

guarda ti dico che se vai in un paese mussulmano e la polizia ti vede la croce cristiana al collo ti mettono in galera per 1 anno,mentre noi che siamo piu tolleranti gli diamo il permesso per professare liberamente la loro religione
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« Risposta #4 il: Giugno 26, 2008, 17:46:53 »

guarda ti dico che se vai in un paese mussulmano e la polizia ti vede la croce cristiana al collo ti mettono in galera per 1 anno,mentre noi che siamo piu tolleranti gli diamo il permesso per professare liberamente la loro religione

noi sì che siamo tolleranti, li abbiamo ammazzati tutti per 2000 anni solo perché 'di un'altra religione'.

(con 'noi' intendo 'noi stato teoricamente laico, ma in realtà mera appendice di uno stato della chiesa che ha falsamente cessato di esistere centoquarant'anni fa ed esistente da fin troppo tempo, e dal quale mi dissocio')
« Ultima modifica: Giugno 26, 2008, 17:50:09 da Cercatesori » Loggato


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Non è vero che al mondo non esiste il bene, anzi, è il contrario... solo che tutti fanno il proprio, e nessuno quello altrui.
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« Risposta #5 il: Giugno 26, 2008, 17:50:02 »

questo l'ho letto perchè era corot =)

ok visto che sbagliano loro dobbiamo sbagliare anche noi? in america c'è la pena di morte, è giusto mettere la pena di morte. a cuba c'è la dittatura, è giusto mettere la dittatura. in india sfruttano i bambini, è giusto sfruttare i bambini.

cioè mi sto chiedendo se pensi prima di scrivere °°
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« Risposta #6 il: Giugno 26, 2008, 17:52:27 »

guarda ti dico che se vai in un paese mussulmano e la polizia ti vede la croce cristiana al collo ti mettono in galera per 1 anno,mentre noi che siamo piu tolleranti gli diamo il permesso per professare liberamente la loro religione

noi sì che siamo tolleranti, li abbiamo ammazzati tutti per 2000 anni solo perché 'di un'altra religione'.

(con 'noi' intendo 'noi stato teoricamente laico, ma in realtà mera appendice di uno stato della chiesa che ha falsamente cessato di esistere centoquarant'anni fa ed esistente da fin troppo tempo, e dal quale mi dissocio')
Guarda che in quegli anni era tutta un altra cosa,non pensavano di certo alla tolleranza in quei tempi e poi c'era tutto un altro pensiero
p.s:concordo con keroro sul fatto che noi non dobbiamo sbagliare come gli altri
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« Risposta #7 il: Giugno 26, 2008, 17:55:33 »

perchè ora stiamo pensando molto alla tolleranza Looksi
non sai quanti commenti sento ogni giorno per mandare via tutti i cinesi che a mio parere sono le persone più brave del mondo e tra poco tempo reggeranno l'intera economia italiana
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« Risposta #8 il: Giugno 26, 2008, 17:56:30 »

Invece adesso sì che la Chiesa pensa alla tolleranza. Ringrazio il signor Luigi Capitano.

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QUALE TOLLERANZA? IL ‘PARADOSSO DI RATZINGER’ E LE RAGIONI DEL RELATIVISMO

Ma lo spirito di tolleranza che soffiava ai tempi del Concilio Vaticano II sembra essere purtroppo svanito dall’orizzonte degli ultimi due papati (senza nulla togliere all’eccezionale carisma del papa polacco). Non più raggi diversi di verità, ma un’unica luce potrà sottrarci alle "sabbie mobili" del relativismo, al "mare delle tenebre"!

Fuori dal Verbo e dalla Chiesa, dalla vera religio, non c’è nessuna salvezza per nessuno: nulla salus! Si deve avere rispetto (come dichiarava di averne Voltaire) anche di idee così intolleranti? I nemici del relativismo lamentano soprattutto una contraddizione: l’assolutizzazione del relativo, e quindi anche dell’uomo che si divinizza da sé. Fin qui, essi hanno buon gioco nel sostenere che ogni tipo di relativismo tende ad irrigidirsi in forme di risorto e paradossale assolutismo. Ma non si avvedono come, per converso, anche l’assolutismo si rovesci paradossalmente nel suo contrario. Nel momento stesso in cui io affermo che la mia religione è l’unica vera, la assolutizzo, ma poiché le religioni che pretendono di essere le sole vere sono plurali, assolutizzo qualcosa di irriducibilmente relativo. È quello che si potrebbe chiamare ‘paradosso di Ratzinger’. Esso si collega al modo nicciano di ridurre al sospetto ogni interpretazione (metafisica, cristiana, scientifica) del mondo che si è presentata via via come l’‘unica vera’ nella storia dell’Occidente. Ratzinger ha più volte lamentato una presunta "dittatura del relativismo" nel nostro tempo. La provocazione di Stirner ci parla, al contrario, di un persistente predominio dell’universalismo cristiano, che si nasconderebbe dietro la maschera di ogni nuova, dunque relativa, secolarizzazione del sacro. Il paradosso solitamente imputato al relativismo (il fatto di assolutizzare involontariamente il proprio punto di vista) finisce con l’investire in modo speculare lo stesso assolutismo, allorquando quest’ultimo afferma che la verità assoluta è esclusivamente quella relativa al proprio credo. Proprio su questa base farà leva la critica nietzscheana di ogni interpretazione assolutizzante: "un’interpretazione è tramontata; ma poiché vigeva come l’interpretazione, sembra che l’esistenza non abbia più nessun senso" (Frammenti postumi, 5[71], 4) Si scopre così che il relativismo nichilistico è l’esito più conseguente dell’universalismo, il risultato dell’autodissoluzione del cristianesimo, così come Stirner aveva, del resto, lucidamente intuito. Ancora in veste da cardinale, l’attuale papa richiamava alla nostra attenzione su un’accattivante parabola tratta dal Canone buddista, che riproponiamo qui nella sua versione originale.

C’era una volta un re che ordinò al suo ministro: ‘Riunisci in piazza tutti gli uomini del regno, che sono ciechi fin dalla nascita!’. Il ministro eseguì e il re si recò sulla piazza, dov’erano riuniti i ciechi, quindi chiamò l’elefantiere, e disse: "Questo è l’elefante!". E fece toccare ad alcuni ciechi la testa, ad altri le orecchie, ad altri le zanne, ad altri la proboscide, ad altri il ventre, ad altri le gambe, ad altri il dietro, ad altri il membro, ad altri la coda; sempre a tutti dicendo: "Questo è l’elefante!". Poi il re si accostò ai ciechi e chiese loro se avessero toccato l’elefante. "Sì, Maestà!" risposero. "Allora ditemi a che cosa rassomiglia". E i ciechi cominciarono a descrivere a modo loro l’elefante. Quelli che avevano toccato la testa dissero che rassomigliava a una caldaia. Quelli che avevano toccato le orecchie dissero che rassomigliava ad un ventilabro. Quelli che avevano toccato le zanne, che rassomigliava ad un vomere. Quelli che avevano toccato la proboscide, che rassomigliava ad un manico d’aratro. Quelli che avevano toccato il ventre, dissero che rassomigliava ad un granaio. Quelli che avevano toccato le gambe, dissero che rassomigliava a colonne. Quelli che avevano toccato il didietro, dissero che rassomigliava ad un mortaio. Quelli che avevano toccato il membro, dissero che rassomigliava ad un pestello [Ratzinger censura questa similitudine hard]. Quelli che avevano toccato la coda, dissero che rassomigliava ad uno scacciamosche. E, siccome ognuno sosteneva la sua opinione, cominciarono a discutere e finirono con l’accapigliarsi e percuotersi, gridando: "L’elefante rassomiglia a questo, non a quello! Non rassomiglia a questo, rassomiglia a quello!". E il re si divertì a quella zuffa. (Udana, VI, 4, 66-69). Ed ecco il commento di Ratzinger: "La disputa tra religioni sembra agli uomini di oggi come questa disputa tra ciechi nati. Perché di fronte al mistero di Dio siamo nati ciechi, sembra. Per il pensiero contemporaneo il cristianesimo non si trova assolutamente in una situazione più favorevole rispetto alle altre, anzi: con la sua pretesa di verità, sembra essere particolarmente cieco di fronte al limite di ogni nostra conoscenza del divino, caratterizzato da un fanatismo particolarmente insensato, che incorreggibilmente scambia per il tutto la porzione toccata nella propria esperienza" (La verità cattolica, "MicroMega", 2000, n.2, pp. 42). "Ci sono molte vie, ci sono molte immagini, tutte riflettono qualche cosa del tutto e nessuna di loro il tutto. L’ethos della tolleranza appartiene a chi riconosce in ciascuna di esse una parte di verità (…) e si inserisce tranquillamente nella sinfonia polimorfa dell’eterno Inaccessibile" (ivi, p. 49). Come si vede, Ratzinger ha ricordato la parabola buddista non già per avvertire che la nostra situazione rispetto alla verità religiosa richiede tolleranza e reciproco rispetto, ma piuttosto per rivendicare la superiore e privilegiata pretesa di verità del cristianesimo su tutte le altre religioni, in quanto unica religione vera (religio vera), l’unica al mondo – a suo dire – in grado di operare una "sintesi tra ragione, fede e vita" (ivi). Il nostro commento è ben diverso: si tratta di percezioni e vie diverse alla pretesa verità religiosa, tutte con pari diritti di avanzare o difendere una simile pretesa. Alcune religioni o fedi (buddismo, giainismo, ecc.), in particolare, si mostrano tendenzialmente più relativiste di altre, in antitesi agli integralismi che pure sono sempre fioriti all’ombra delle religioni orientali come di quelle occidentali. Una parabola come quella dell’elefante e dei ciechi si rivela facilmente condivisibile anche da parte di chi, legato a un’idea tollerante della fede, crede che le diverse religioni siano tutte vie che conducono alla vetta dell’unico Dio (basterebbe ricordare Tolstoj, Gandhi e Paul Knitter, il teologo teorico del "pluralismo unitivo"). Al contrario, l’"umile vignaiolo del giardino del Signore" sembra proprio non riuscire a tollerare una simile prospettiva di relativismo (indifferentismo) religioso. Ma così facendo, egli non finisce col ‘darsi la zappa sui piedi’, allorquando demonizza, insieme al relativismo, anche tutti i suoi migliori ‘derivati’: il pluralismo, la tolleranza e la democrazia, la libera ricerca teologica? Già in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (ex Sant’Uffizio), Ratzinger aveva fustigato la teologia pluralista ammonendo diversi teologi cattolici del rango di Jacques Pohier, Hans Küng, Edward Schillebeeckx, Leonardo Boff, Jacques Dupuis, Roger Haight. La motivazione data nella Dichiarazione Dominus Jesus (2000) era espressamente la necessità di contrastare le "teorie di indole relativista". Quando oggi si dice che la più famosa università romana (o almeno una sua parte) ha voluto togliere al papa il diritto di parola, bisognerebbe tenere in conto anche questi precedenti, così come il fatto che Ratzinger ha citato in modo alquanto imprudente Feyerabend per poter dire che il processo a Galileo era "giusto e ragionevole". Il vero o presunto ‘fondamentalismo’ laicista di alcuni scienziati (la loro dichiarata "fede nella scienza") non assolve in ogni caso il dogmatismo del papa (che qualcuno ha battezzato "cattofondamentalismo"). Anche se il papa avesse parlato all’università La Sapienza (e di fatto la sua parola vi è giunta ugualmente, puntualmente amplificata dai media) non vi sarebbe stato dialogo possibile fra i due opposti ‘fondamentalismi’, né fra il papa e i laici maggiormente disposti al libero e spregiudicato confronto intellettuale. Si sarebbe trattato in ogni caso di un dialogo mancato, di cui l’invito maldestro e inopportuno del rettore è stato solo la causa occasionale e comunque rivelatrice. Inoltre, non si dimentichi che papa Ratzinger non ha mai – e tanto meno in questa occasione – chiesto scusa per la sua gaffe su Galileo (scappatagli nel 1990 da cardinale proprio alla Sapienza!) e nemmeno per la condanna a morte di un libero pensatore come Giordano Bruno da parte della Chiesa Cattolica. La modernità nasce malgrado questo vile olocausto del libero pensiero, nonostante questa paura di una possibile verità che non cessa di fare tremare il potere (anche temporale!) di cui gode ancor oggi il papato. Le parole odierne del papa Ratzinger contro l’intolleranza dei moderni e dei contemporanei suonano alle mie orecchie come un anacronistico relitto della teologia medievale, come un invito alla tolleranza a senso unico, e poi: da quale pulpito! Inoltre, come eludere il paradosso per cui non è possibile tollerare l’intolleranza? Si badi che a generare i paradossi sulla tolleranza è ancora il malinteso sul relativismo. Si tratta di quei paradossi per cui chi predica o pratica l’intolleranza (da antirelativista convinto) avrebbe il diritto di pontificare al tempo stesso contro ogni forma di intolleranza (eccetto la propria), mentre chi propugna o pratica la tolleranza da buon relativista non dovrebbe nemmeno azzardarsi a manifestare la propria intolleranza nei confronti dell’intolleranza assolutista e fondamentalista! Locke per primo aveva osservato che esistono dei limiti della tolleranza. E si potrebbe precisare che la nostra tolleranza finisce, o dovrebbe finire, esattamente laddove comincia l’intolleranza altrui. Quando il papa oggi ci viene a dire: io non voglio imporre la fede, ma chi la rifiuta (in primis, il relativista) non esercita al meglio la sua ragione mentre la sua anima è perduta per sempre, come dovremmo giudicare un simile ragionamento? E quando inoltre egli afferma che la tradizione cristiana avrebbe permesso all’Europa di "preservare le coscienze da derive nichiliste e fondamentaliste", ha forse dimenticato che il fondamentalismo è un parto ‘bello e buono’ della religione (in ispecie monoteista) e che il nichilismo è proprio il simmetrico opposto del fondamentalismo? Non mi pare irrilevante osservare come il male della nostra epoca non sia da individuare tanto nel relativismo quanto nella pretesa inerranza fondamentalista, ossia nel "fanatismo della lettera" (per dirla con una definizione involontaria, ma azzeccatissima, di Kierkegaard), nella rivendicazione del carattere esclusivo, totalizzante e discriminante della propria fede di appartenenza (non solo religiosa, ma anche culturale, ideologica ed economica) e della sua capacità di illuminare la verità e di cambiare il mondo. Al contrario, "relativismo" significa la consapevolezza che la Verità (con la maiuscola) non è alla portata dell’uomo. Ma proprio il fatto di essere tutti ciechi dalla nascita di fronte alla Verità (secondo la parabola già discussa) non dovrebbe renderci più tolleranti, comprensivi, rispettosi degli altrui punti di vista, oltre che dei diversi modi di accostare il Mistero? Quanto la verità fosse relativa l’aveva capito bene uno scettico cristiano come Pascal: "desideriamo la verità, e non troviamo in noi se non incertezza". Tale condizione di incertezza diventava tuttavia in lui un segno paradossale di quella miseria che ci assicura proprio sulla verità del cristianesimo. Pascal chiama l’uomo una "cloaca di incertezza e di errore", ma dice anche che "tutte le cose sono veli che coprono Dio". Il famoso tema del dio nascosto (già ben presente in Cusano) diventa così un argomento a favore del mistero divino. Anche Leopardi parlerà di una "religione misteriosa". Ma è evidente che per questa via il mistero rimane l’ultimo baluardo dell’assurdo e dello scandalo della fede (così in Pascal e in Kierkegaard). "Non v’è quasi altra verità assoluta se non che Tutto è relativo", diceva Leopardi fin dal 1820. La filosofia italiana del XX secolo è segnata ancora dal relativismo, come rivela anche l’ultimo capitolo dell’omonimo libro di un insospettabile antirelativista cristiano: Michele Federico Sciacca. Rensi e Tilgher (entrambi leopardiani) possono considerarsi i più raffinati relativisti italiani della prima metà del Novecento. Vicinissimo a loro si colloca l’opera letterario-teatrale di Luigi Pirandello, che pure ha maledetto la "lanterna cieca" dei filosofi. Egli si rivela tuttavia proprio per ciò il più fedele allievo di Leopardi nella misura in cui ha lamentato la perdita dell’assoluto e la sua fatale relativizzazione. Nessuno come Pirandello ha vissuto nel Novecento la situazione del relativismo come un dramma e un male inevitabile. E tuttavia non lo ha demonizzato. Anzi, ha saputo trarne una morale umoristica al tempo stesso compassionevole e possibilista: "un umorista dovrebbe dirsi solamente chi ha il sentimento del contrario, chi ha cioè una filosofica tolleranza spinta fino al tal segno da non sapere più da qual parte tenere". Del resto, la demonizzazione (quale surrogato consentito della maledizione) è sempre stata una prerogativa esclusiva dei capi religiosi, unici e infallibili detentori della Verità assoluta! Chi ha paura dunque del relativismo, se non chi teme la tolleranza, chi pretende di imporre la propria fede, la propria morale, la propria convinzione, la propria presunta verità assoluta? Il maggiore pericolo proviene dunque dal relativismo, o dall’assolutismo, dal fondamentalismo, dalla tirannia spirituale mascherata da verità rivelata? Montaigne – altro geniale scettico cristiano – rimane il padre del relativismo moderno. Egli ha mostrato per primo la relatività del concetto di civiltà (dell’uomo europeo) e di barbarie (dell’indigeno) dopo la scoperta del Nuovo Mondo. L’inventore del saggio, della forma di scrittura più aperta e sensibile al mutamento, rimane non a caso anche il padre del moderno relativismo antropologico ed epistemologico. Egli considerò relative le scoperte astronomiche e scientifiche con una lungimiranza davvero straordinaria e perfino iperbolica. Relativizzò il preteso privilegio antropocentrico, non già con argomenti copernicani, ma ricordando che il centro può anche essere riguardato come il punto più infimo, il più lontano dal cerchio sublime delle stelle fisse. Senza dimenticare che anche in campo religioso sembra inclinare spesso verso il relativismo. È risaputo come siano state proprio le fedi monoteistiche a fomentare fin dalla loro origine l’intolleranza e quelle guerre di religione che hanno insanguinato la storia europea e mondiale dal Medioevo (con le crociate) all’età moderna fra Cinque e Seicento, e ancora nel nostro tempo con il conflitto israelo-palestinese, con la guerra del Kosovo, e con la sfida (per non dire guerra) tuttora aperta tra fondamentalismo islamico e fondamentalismo occidentale. La religione di Mosé si fonda, non si dimentichi, su uno sterminio iconoclasta comandato dal patriarca degli Ebrei (circa tremila vittime che avevano la sola colpa di credere in un dio ‘sbagliato’, di aver voluto offrire una materia preziosa come l’oro e una forma plastica alla propria volontà di credere!): - Dice il Signore, il Dio d’Israele: "Ciascuno di voi tenga la spada a fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente". I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo (Esodo, 32, 27-28).

Il primo genocidio della storia venne comandato, secondo il racconto biblico, dal fondamentalista Mosè, reso fanaticamente cieco da un Dio irascibile e sterminatore. La radice della violenza è insita in ogni monoteismo. La stessa espressione "guerra santa" è un conio dell’Occidente, e risale al tempo delle crociate, quando i cristiani, col pretesto di ‘liberare’ la Terra Santa, avevano ricevuto il permesso di uccidere gli infedeli (Ebrei non esclusi) con la benedizione papale e la promessa del paradiso. Dovrebbe ricordarlo il papa, che a Ratisbona ha citato l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo con una chiara e incauta allusione alla fede islamica: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava". Oggi l’idea di "guerra santa" viene spesso rinfacciata dall’Occidente all’intero Islam, quando essa appartiene solo ad alcune frange integraliste e fondamentaliste fortunatamente minoritarie. Non si tiene conto che le autobombe islamiste sono esplose anche nelle moschee di paesi arabi, moderati e non. Si dimentica inoltre tutta l’immensa ricchezza dell’Islam. Pochi sanno, ad esempio, che il Paradiso di Dante è in gran parte un’invenzione dell’immaginario islamico, come ha dimostrato definitivamente Asín Palacios nel suo libro sull’escatologia islamica nella Divina Commedia. Si ignora spesso il profondo spirito di tolleranza del sufismo. Si crede che la parola tolleranza sia un’‘esclusiva’ dell’Occidente. E si può essere tentati di venire trascinati dagli fiumi retorici di una Fallaci, fallaci lusinghe di una propaganda antiislamista che ha irresponsabilmente soffiato sul fuoco dello "scontro delle civiltà". Non meno pericolosi delle religioni fondamentaliste, anzi ad esse fatalmente alleate, appaiono oggi quei regimi politici (non importa se occidentali o islamisti) che pretendono di essere gli unici benedetti da Dio nella lotta contro il Male. Il fondamentalismo cristiano (caricaturalmente rappresentato in America dal presidente Bush jr.) si oppone così a quello islamico (forse ancora capeggiato da Bin Laden), in un tremendo gioco di specchi in cui si proietta lo spettro della nuova ‘guerra globale’. Il fanatismo degli odierni terroristi islamici alimenta, a detta dell’attuale papa, "l’insensatezza dei loro disegni di morte", dei loro progetti "ispirati da un nichilismo tragico e sconvolgente". Ratzinger allega al nichilismo le colpe del fanatismo religioso, che invece discendono dalla comune matrice abramitica e monoteistica. L’odierno "martire di Allah", a ben vedere, è l’ultimo insospettato epigono di Abramo, l’ultimo tragico Cavaliere della Fede! Un discorso analogo si potrebbe fare riguardo al sistema economico che continua a predominare senza alternative: il capitalismo, il peggior sistema di cui tuttavia non si riesce a trovare uno migliore, come è stato efficacemente definito. Il critico della globalizzazione George Soros ha definito tale sistema "fondamentalismo del mercato". Il rischio è dunque veramente rappresentato dal relativismo? Il pluralismo rimane la quintessenza del relativismo, ma anche della libertà intesa nel senso più alto, come insegnava anche Isaiah Berlin. La libertà implica a sua volta la responsabilità, e mai come oggi il mondo ha avuto una simile esigenza di un’etica globale della responsabilità. Eppure, sia il pluralismo che l’etica laica della responsabilità vengono demonizzati da parte di chi crede di detenere in modo esclusivo il ‘monopolio’ della verità! (si pensi all’enciclica Veritatis splendor). Chi può aver paura dunque del relativismo, se non chi ne equivoca il significato e chi, in buona o cattiva fede, si trova a dover difendere pretese posizioni dogmatiche e assolute? Non deve dunque stupire la psicosi antirelativista di cui rimane vittima, di volta in volta, il capo religioso, il dogmatico, il bigotto, colui che non trova altra stampella mentale che la fede ricevuta, chi crede sia sempre meglio preferire una rassicurante certezza ad una buona ragione per dubitarne. Il relativismo turba infine quanti, per un inavvertito crampo mentale, non si avvedono come i concetti relativo-assoluto costituiscano le due facce di uno stesso paradosso. Se ai tempi di Platone si doveva temere la deriva del relativismo sofistico, oggi siamo nelle condizioni di dovere invertire il cammino e comprendere come il dialogo presupponga il pluralismo, anziché la fede incrollabile in una Verità Assoluta. Shakespeare diceva che ci sono più cose fra cielo e terra di quante non ne possa immaginare tutta la nostra filosofia. Quale delle nostre opinioni, idee o fedi riuscirà mai a scostare il velo della verità?
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« Risposta #9 il: Giugno 26, 2008, 17:58:19 »

perchè ora stiamo pensando molto alla tolleranza Looksi
non sai quanti commenti sento ogni giorno per mandare via tutti i cinesi che a mio parere sono le persone più brave del mondo e tra poco tempo reggeranno l'intera economia italiana
Guarda io sono la persona piu tollerante del mondo a me va bene che stiano in Italia,ma se devono stare qui basta che si comportino onestamente.Comunque i cinesi sono simpatici come dici te sotto da me ho il panettiere cinese che e molto simpatico ed e un gran lavoratore
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« Risposta #10 il: Giugno 26, 2008, 17:59:04 »

dopo leggo e commento, ora esco
btw mi trovo daccordo su tutta la linea con cerca
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« Risposta #11 il: Giugno 26, 2008, 18:03:51 »

Ho letto,te intendi dire che il papa e il meno tollerante di tutti??
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« Risposta #12 il: Giugno 26, 2008, 18:04:33 »

Come lo è da duemila anni, del resto O_ò

Non so se ti rendi conto dell'entità di questo:

Dovrebbe ricordarlo il papa, che a Ratisbona ha citato l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo con una chiara e incauta allusione alla fede islamica: "Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava". Oggi l’idea di "guerra santa" viene spesso rinfacciata dall’Occidente all’intero Islam, quando essa appartiene solo ad alcune frange integraliste e fondamentaliste fortunatamente minoritarie.


come se Berlusconi andasse da un ladruncolo a dirgli "ehi, tu, hai rubato degli spicci ad una vecchietta!!!"
« Ultima modifica: Giugno 26, 2008, 18:07:44 da Cercatesori » Loggato


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Non è vero che al mondo non esiste il bene, anzi, è il contrario... solo che tutti fanno il proprio, e nessuno quello altrui.
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Green: non ha senso parlare di fascismo, il fascismo è morto da sessant'anni, dovresti dirglielo. È come tenere per Giulio Cesare.
Perla di g_f sull'influenza della fortuna in DP:
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no perché tanto gli omini crepano lo stesso anche se non fai ch. anche quando le mosse falliscono, i pokémon crepano lo stesso per lo spavento. seriamente, non conta un cazzo
Ale
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« Risposta #13 il: Giugno 26, 2008, 18:10:47 »

Come al solito si fa di tutta l'erba un fascio,se un rom ruba,non tutti i rom sono per forza dei ladri,lo stesso vale per clandestini,cinesi (il tuo panettiere non è la Cina .-.) ecc.
Anche gli italiani mica sono tutti onesti,anzi.
Poi se dici che in certi paesi quelli con la croce vengono uccisi e che quelli con la croce in pratica quando sono nel proprio stato devono fare lo stesso con gli altri;E' sbagliatissimo.
Purtroppo adesso in Italia c'è un governo razzista,quindi vederemo sempre più cose assurde contro gli stranieri.

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Ho letto,te intendi dire che il papa e il meno tollerante di tutti??
Il papa è uno dei più grandi razzisti conosciuti.
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« Risposta #14 il: Giugno 26, 2008, 18:11:20 »

comunque nel mio post ho detto che se noi rispettiamo la loro religione, ad un certo punto loro potrebbero anche rispettare la nostra.... questo perchè vi scazza sempre leggere i post piu lunghi di 5 righe ;(
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